Gianni Caso (ed.)
CeD - Relazionalità nel diritto:
quale spazio per la fraternità?
Atti del Convegno
Castelgandolfo, 18-20 novembre 2005
Roma - settembre 2006
"I principi di libertà e di uguaglianza, tradotti nel piano giuridico,hanno rafforzato i diritti individuali, ma non sono sufficienti per assicurare la vita dei rapporti e delle comunità, se manca la fraternità. Il convegno si propone di indagare come la fraternità può ispirare modi nuovi dei comportamenti e delle relazioni giuridiche".
L'esperienza di operatori del diritto ci pone quotidianamente a contatto con le molteplici rotture che avvengono nei rapporti e nella vita di relazione. Si sperimenta, d'altra parte, l'insufficienza dei sistemi giuridici nelle diverse parti del mondo a fronteggiare detta emergenza.
Ci sembra infatti che sia chiamata in causa la complessiva realtà del diritto, come si è venuta delineando nell'epoca moderna fino ad oggi; vale a dire una concezione e una prassi giuridiche, incentrate prevalentemente sull'individuo e sulla tutela dei suoi interessi. L'accentuazione di questa visione nella prassi ha portato a trascurare le esigenze della relazione, e quindi alla estraniazione dal diritto dell'idea e della pratica della fraternità.
Un'analisi storica ci mostra, d'altra parte, che la causa di questo deficit di relazionalità nella disciplina giuridica dei rapporti è già nella caratterizzazione della cultura moderna; e si sa che nel diritto tende a riprodursi la cultura del tempo. Oggi si è venuto smarrendo il senso e il valore che l'"altro da sé" ha rispetto a "sé stessi", e di conseguenza il senso e l'importanza della relazione. Al di fuori della relazione sono rimasti gli individui. Così il diritto appare il diritto degli individui, considerati isolatamente e spesso in contrapposizione. Il diritto stesso è visto come strumento per risolvere conflitti di libertà. Ma riesce veramente a tale scopo e, soprattutto, riesce a conciliare le libertà individuali in una sintesi superiore che porta alla comunione, nella quale e grazie alla quale i soggetti stessi possano vedere tutelate ed anzi potenziate le loro identità?
Questa ci sembra la sfida che si pone oggi alla convivenza umana e quindi al diritto che della convivenza deve essere specchio e norma: trovare, dunque, modi di relazioni che consentano di conseguire il predetto risultato. Occorre, poi, tradurre detti modi in criteri di qualificazione giuridica dei comportamenti.
Partendo da queste riflessioni e constatazioni, abbiamo posto al congresso, e a quanti vi avrebbero partecipato, l'interrogativo riassunto nel titolo del congresso medesimo.
Per la verità eravamo stati spinti a porre il predetto tema anche perché confortati dalle esperienze concrete che nell'ambito di "Comunione e Diritto" vanno facendo i diversi operatori. Queste esperienze dimostravano sul piano pratico che è possibile recuperare nello svolgimento delle relazioni giuridiche la dimensione della relazione e per questa via si poteva giungere a riscoprire la dimensione della fraternità nei rapporti stessi. Da qui la domanda: "E' possibile recuperare tale dimensione alla regola del diritto?".
Il congresso si è snodato su due linee parallele, ma fortemente connesse. A spunti di riflessione sull'ordinamento positivo vigente, per cogliere in esso possibili aperture ad una visione e ad una pratica di fraternità nello svolgimento delle relazioni giuridiche, che possono così costituire l'avvio ad un diritto di fraternità, hanno fatto da riscontro le esperienze e le iniziative già in atto nei diversi ambiti della vita giuridica.
Il congresso ha spaziato, pur con la inevitabile sobrietà e concisione, su tutto il diritto. Esso è stato scandito dalle tre sessioni dedicate al diritto pubblico, interno e internazionale, al diritto privato e al diritto penale. La pubblicazione di questi Atti segue fedelmente lo svolgimento del congresso e riporta le relazioni, le applicazioni ed esperienze, e gli interventi, così come si sono susseguiti. Essi sono stati preceduti da una breve storia dell'iniziativa "Comunione e Diritto" e dalla presentazione e dal messaggio di Chiara Lubich, in cui sono accennate le idee ispiratrici e le finalità della ricerca proposta al congresso. Questo, secondo la testimonianza dei partecipanti, è stato anzitutto un'esperienza di fraternità, che ha aiutato la elaborazione e la comunicazione delle riflessioni. E' in questo spirito che la comunicazione dei contributi di approfondimento sta avvenendo anche dopo il congresso.
Giovanni Caso