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Università Sergio Arboleda - Convegno per giovani giuristi

Cultura e Realtà - una visione dall'unità

 

Testo della relazione del dott. Giovanni Caso 

Il tema scelto cultura e realtà, avendo sullo sfondo l’Ideale dell’unità, ci spinge a riflettere su questi 3 termini e sulle loro connessioni.  Esiste un rapporto tra la cultura e la realtà? Per rispondere dobbiamo guardare alla realtà di oggi, poi vedremo quale è la cultura di oggi.

 La realtà

Riguardo alla realtà, voi avete fatto delle costatazioni e avete espresso anche delle necessità di natura sociale. D’altra parte la realtà sociale è sotto gli occhi di tutti.

Io ho l’impressione che qui in Colombia c’è oggi un forte sviluppo economico. Lo si constata dalle nuove numerosissime costruzioni, dallo stabilirsi di molte società multinazionali, dall’elevarsi del tenore di vita di una parte della popolazione. Si nota, però, il permanere di larghissime fasce di esclusione sociale e di povertà, e, come voi avete detto, l’accesso all’istruzione superiore e universitaria è limitato ai giovani delle famiglie abbienti a causa dell’elevato costo degli studi. Infatti in Bogotà esistono oltre 40 Università private contro le 4 statali. Persistono, quindi, grandi disuguaglianze sociali. 

Da questo sintetico quadro dobbiamo dedurre che lo sviluppo economico non è partecipato a tutta la società e a tutti i cittadini. La distribuzione della ricchezza prodotta privilegia alcune categorie sociali e gruppi privati. Ciò dipende dalla concezione economicistica che, come ha rilevato il nuovo Papa in occasione del 1° Maggio, cerca il profitto egoistico ad di fuori dei parametri della giustizia sociale . 

Anche nel settore della comunicazione si verifica la stessa sperequazione tra le televisioni pubbliche e quelle private, essendo le quattro maggiori televisioni private. 

Ovviamente questa situazione non può non ripercuotersi sulla formazione della classe politica e sull’azione della medesima, che viene asservita agli interessi del potere economico.

A ciò si aggiunge, come sappiamo, la produzione della droga che genera un’accumulazione di denaro a favore delle mafie, che non viene investito per il bene del popolo. 

Come vedete, non ho accennato fin qui alla questione della pace, che pure vi interessa molto. Forse, questa questione è legata strettamente all’anzidetta situazione sociale, culturale, economica e politica. Come uscire da questa situazione? 

 La cultura

Per rispondere all’anzidetta domanda, a me sembra che assume rilevanza la questione culturale, la cultura intesa come concezione e stili di vita. Invero, la cultura oggi dominante ha una stretta connessione con la sopra descritta situazione economica e sociale. Come affermano gli studiosi (sociologi, storici, ecc.), la cultura attuale, formatasi nella società occidentale ma che si estende ormai al resto del mondo, è di timbro individualistico. Questa cultura individualistica, che si basa sul perseguimento degli interessi privati prescindendo dall’interesse generale, ha pervaso la società, il mondo dell’economia, il mondo della politica, ecc.

Si è detto sopra che oggi domina la concezione economicistica che cerca il profitto egoista. Questa concezione economicistica è essa stessa un prodotto dell’individualismo e nello stesso tempo alimenta la cultura individualistica di cui si ciba. Invero, un’economia che cerca il profitto immediato non si cura del bene comune e tende a generare gruppi sociali privilegiati che divengono funzionali al profitto. Infatti, sono questi gruppi economicamente avvantaggiati che assicurano il consumo dei beni e dei servizi prodotti. Si ha, così, un’economia che non è rivolta ai bisogni della maggioranza povera della società, un’economia non per l’uomo . 

La produzione di beni e servizi determina a sua volta stili di vita, costumi, mode, ecc., che ne assicurino il consumo. Basta vedere la pubblicità per convincersi di ciò. In questo modo la ricchezza prodotta tende a circolare in un ambito ristretto della società, escludendo le grandi parti povere di essa .

Come si è detto sopra, la classe politica diventa espressione sia della minoranza ricca sia del potere economico, tradendo il proprio compito di governare l’economia per il bene comune.

La concezione economicistica, poi, incrementa la cultura individualistica, in quanto fomenta la stessa logica, che è quella della ricerca del successo personale, del proprio interesse, del proprio piacere. La felicità viene perseguita isolatamente non nella relazione con gli altri. Quindi è una cultura che non agevola le relazioni tra le persone, non produce la comunione. Da ciò ha origine anche la crisi della famiglia, del matrimonio, e dello stesso rapporto uomo-donna.

 La cultura dell’unità

Per uscire da questa situazione di crisi assume dunque particolare rilevanza la questione culturale. Se la cultura dell’individualismo nei suoi eccessi ha prodotto gli anzidetti effetti nell’economia e nella società, bisogna partire da una nuova cultura ch risponda alla duplice esigenza di assicurare la felicità delle persone e realizzare un ordine economico e politico che assicuri il bene di tutti.

La vita relazionale – come avvertono gli studiosi (Beck, Levinas, Simmel, ecc.) – è il tessuto connettivo della società, è ciò che la fa esistere: “La vita della società consiste nelle relazioni reciproche dei suoi elementi, relazioni reciproche che in parte si sviluppano in azioni e reazioni momentanee ed in parte si consolidano in strutture definite: in uffici e leggi, ordinamenti e proprietà, lingua e mezzi di comunicazione”  .

L’individualismo spezza i rapporti e fa venire meno la vita di relazione, la comunione, nella quale e dalla quale gli individui possono ricavare le ragioni profonde del vivere e raggiungere una dimensione di felicità non acquisibile isolatamente. Infatti, come avvertono gli psicologi, l’io è veramente tale solo se riconosce un tu con cui mettersi in relazione, e l’atto di riconoscere e accogliere l’altro attiva, sul piano psicologico, un processo dinamico attraverso il quale ogni uomo e ogni donna può sperimentare il riconoscimento di sè e delle sue stesse potenzialità . Ciò è confermato dall'ultima Enciclica di Benedetto XVI Caritas in Veritate: "La creatura umana, in quanto di natura spirituale  si realizza nelle relazioni inter-personali. Più le vive in modo autentico, più matura anche la propria identità personale. L'importanza di tali relazioni diventa quindi fondamentale. Ciò vale anche per i popoli. E' quindi utile al loro sviluppo (delle persone singole e dei popoli) una visione metafisica della relazione tra le persone". 

Mi sembra che una risposta all’anzidetta esigenza si possa trovare nella cultura dell’unità . 

La cultura dell’unità parte dall’uomo. Chi è l’uomo? Ce lo può dire l’articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo: “Tutti gli esseri umani, nascono liberi e uguali in dignità e diritti. Essi debbono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. Quindi ogni uomo e ogni donna, a prescindere dalle condizioni sociali, economiche, di razza, cultura, ecc., ha una propria dignità. Tutelando tale dignità in tutti si attua l’unità. 

La nuova cultura si basa e nasce mettendo in pratica questi principi.

Questo rivolgersi all’uomo dispiega i suoi effetti in tutte le dimensioni dell’esistenza. Tutte le realtà umane ne sono illuminate e trovano la loro ragion d’essere. Così l’attività educativa e pedagógica, nella quale si guarda alle esigenze dei discenti, a partire da quelli che hanno più difficoltà, affinchè detta attività sia a loro servizio. Così nell’attività sanitaria affinchè la medicina sia per la persona. Così nella comunicazione sociale affinchè serva alla conoscenza da parte dei cittadini dei fatti, delle situazioni e dei problemi. E nelle attività economiche affinchè siano orientate e provvedano ai bisogni di tutti e della società. Inoltre, nell’attività di amministrazione della giustizia affinchè possa servire a tutelare i giusti diritti delle persone. E la política, nell’amore all’uomo, può ritrovare il proprio compito per la realizzazione del bene comune, nel quale i bisogni dei singoli e della comunità possono essere soddisfatti.

L’amore all’uomo è veramente in grado di guidare l’azione in ogni ambito della vita sociale. Esso è in grado di trasformare i rapporti e la convivenza. 

Studiando a fondo la realtà sociale ed economica e sociale si può comprendere come agire per modificarla. Mi sembra che sia questa la via per realizzare uno sviluppo economico che sia per il bene comune e dal quale, quindi, nessuno resti escluso. A questo fine devono orientarsi la comunicazione e la politica. Si può realizzare, così, quell’unità del corpo sociale nel quale ogni uomo e donna trovi il proprio posto e realizzare la propria felicità. 

 

Giovanni Caso

 

 

 

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