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La pandemia ha messo in evidenza ciò che non funziona, e ci mostra come sia nei piccoli aspetti pratici che nelle scelte strategiche è necessario compiere nuovi passi insieme.

 

Oltre la pandemia: diritto e giustizia a servizio di una società inclusiva

Un saluto di cuore a ciascuno, a quanti conosco e a quanti incontro per la prima volta “a distanza”. Ho avuto il dono di partecipare a tre congressi in Brasile, di conoscere un po’ la vostra splendida realtà, di condividere percorsi di studio e ricerca. E oggi vorrei assicurarvi che ho particolarmente in cuore quanto il popolo brasiliano sta vivendo.

Certo, la situazione del Brasile è drammatica, ma possiamo dire di trovarci, tutti insieme, nel cuore di una generale crisi sanitaria, con infinite implicazioni: in primo luogo la salute delle persone, la sostenibilità dei sistemi sanitari nazionali, le ricadute economiche nazionali ed internazionali, gli stili di vita, i rapporti interpersonali e sociali.

La pandemia di COVID-19 ha paralizzato i sistemi sanitari in Italia, Spagna, in molti Paesi europei e ora sta paralizzando altri sistemi sanitari con solidi meccanismi di assistenza sociale, mentre ancora più grande è la sfida nei Paesi dove l’assistenza sanitaria è precaria o del tutto assente.

Il dramma odierno evidenzia l’uguaglianza degli esseri umani: il virus colpisce ricchi e poveri, ma insieme mette in luce più che mai le disparità, le ingiustizie a livello nazionale e mondiale.

Papa Francesco ci ha detto che usciremo da questa crisi o migliori o peggiori.

E’ proprio in questo tempo di profonda incertezza e inquietudine che abbiamo l’opportunità di cogliere il momento per costruire qualcosa di nuovo, di diverso e migliore.

E’ il momento di interrogare le nostre coscienze, e lavorare a ricostruire le connessioni necessarie a un tessuto sociale sano.

Cosa significa uscire migliori dalla crisi? La pandemia ci ha fermato. Sfruttiamo questa sosta per  guardare alla nostra società. Cosa viene in luce oggi? in primo luogo sono evidenziate le fragilità di tanti, le condizioni di chi nelle nostre società soffre, è tenuto ai margini, i più deboli e privi di difese. Così le popolazioni indigene, i bambini, gli anziani, i lavoratori i cui diritti spesso sono calpestati, la questione ecologica e i diritti umani conculcati…

La pandemia mette in risalto le disparità, le ingiustizie, ed insieme ci mostra che solo uniti possiamo farcela, ci chiama ad una risposta collettiva.

Allora come uscire migliori? Insieme. Ma come?

Potremmo fare infiniti esempi, ma siamo fra operatori del diritto. Il primo esempio che mi viene in luce è la situazione dei Tribunali. Io ho davanti quella italiana. Assistiamo alla paralisi della giustizia, al rinvio dei processi, alla difficoltà di accedere alle cancellerie, ai documenti… Ma dove sta funzionando? Dove giudici, cancellieri, avvocati tentano nuove collaborazioni, si fanno reciprocamente carico della difficoltà dell’altra categoria. Diciamo spesso che il processo, per giungere alla giustizia, ha la necessità della piena collaborazione di tutte le parti.

La pandemia ha messo in evidenza ciò che non funziona, e ci mostra come sia nei piccoli aspetti pratici che nelle scelte strategiche è necessario compiere nuovi passi insieme.

Un altro esempio. In Italia nei primi mesi dell’anno varie attività si sono bloccate completamente, altre si sono dovute necessariamente ridurre. Il Governo ha aperto alla possibilità di porre i dipendenti in “cassa integrazione”.  Ciò significa che i dipendenti riducono in tutto o in parte l’orario di lavoro, e il loro stipendi viene ridotto all’80%. Ho seguito alcuni enti no profit nella decisione di accedere alla cassa integrazione e nel percorso di coinvolgimento dei dipendenti. D’accordo ci siamo impegnati non a imporre, ma a proporre, con un rapporto personale con ognuno. Sono momenti che spesso scatenano tensioni, ma al contrario l’esperienza è stata quella di una condivisione profonda delle scelte tra datore di lavoro e dipendenti, con un evidente miglioramento dei rapporti.

I problemi sociali, ecologici, scientifici di quest’epoca non potranno essere risolti finché pensiamo ad ognuno come individuo. “Dobbiamo pensarci come collettività per cambiare il mondo e spingere lo sviluppo della storia” (H. Alford). Occorre porre l’uomo al centro e guardarlo come essere in relazione. E qui può intervenire il diritto.

La crisi sanitaria evidenzia l’uguaglianza fra tutti, lo abbiamo già detto. Ma è un’uguaglianza che non nasconde le disparità.

La necessità di un controllo (di movimento, delle condizioni di salute, ecc.) chiama in causa la libertà di ciascuno e i modi corretti di esercitarla: la mia libertà ha come limite il rispetto dell’altro, del suo diritto alla salute.

Come raggiungere e custodire oggi una effettiva uguaglianza e una vera libertà? Quale può essere la chiave? La ritroviamo nella Dichiarazione Universale dei diritti umani (1948): occorre porre al centro la famiglia umana, chiedendo ad ogni uomo di agire “in spirito di fratellanza”.

Molti di voi lo sanno che da oltre vent’anni giuristi di diversi continenti si sono interrogati sulla possibilità di leggere la fraternità come principio giuridico, nell’interpretazione ed applicazione della legge. Si tratta di coniugare diritto e fraternità, perché, lo stiamo sempre meglio scoprendo, solo così si può giungere alla giustizia.

Siamo chiamati a comprendere insieme cosa significhi applicare le norme a tutela degli ultimi e dell’ambiente, dei minori, donne, indigeni, lavoratori, consumatori, per giungere al rispetto profondo di ogni persona e gruppo, per far crescere una società solidale, dove le diseguaglianze si affievoliscono, e chi finora è rimasto ai margini è il fratello da preferire.

Il diritto è chiamato a dettare le regole per ogni convivenza, dalle piccole convivenze famigliari, ai rapporti interpersonali, alla società, alla nazione, ai popoli, agli Stati.

Ma se la funzione primaria del diritto è quella di permettere l’instaurarsi di relazioni che migliorino la vita di una società, e se il diritto si muove perché queste relazioni siano “fraterne”, allora tutta la società ne avrà giovamento, si supereranno necessariamente le diseguaglianze, e la libertà di ciascuno, nel rispetto di quella altrui, potrà raggiungere la pienezza.

Siamo davanti ad una sfida, e nel nostro impegno quotidiano possiamo capire come anche un piccolo gesto di solidarietà può portarci verso un mondo migliore.

Maria Giovanna Rigatelli

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