Castelgandolfo, 19 novembre 2005
SESSIONE DI DIRITTO PRIVATO
L’istituto dell’adozione e la realtà sociale brasiliana
Munir Cury, magistrato, membro della Commissione di redazione dello Statuto del bambino e dell’adolescente - Brasile
1. La realtà sociale brasiliana. Negli ultimi anni, il Brasile appare sugli elenchi internazionali come uno dei paesi con più alta concentrazione di redditi, il che significa che si perpetua il gigantesco abisso tra la base e il vertice della piramide socioeconomica. Si sa che non è semplice definire il concetto di miseria, nemmeno distinguerlo di quello di povertà, ma gli specialisti sono riusciti a tracciare due grandi linee a fini statistici. Una è la linea di povertà, sotto la quale starebbero le persone il cui reddito non è sufficiente per coprire le spese minime per il mantenimento della vita umana: alimentazione, abitazione, trasporto e vestiario, in un scenario dove l’educazione e la salute sono garantite degli organi ufficiali. L’altra è la linea della miseria, determinata da quelli che non riescono a garantire nemmeno la necessità primaria, cioè l’alimentazione. Nel caso del Brasile, il 31,27% della popolazione si trova sotto la linea di povertà. Circa il 20,37% degli abitanti è nella situazione che si definisce come indigenza o miseria[1].
Questi concetti e dati statistici esprimono la realtà sociale brasiliana, fortemente segnata dall’esodo rurale e dal conseguente processo di urbanizzazione. Ecco perché ricerche recenti indicano che, nell’ultima decade, la popolazione delle “favelas” è aumentata ad un ritmo quasi tre volte superiore alla media brasiliana[2]; cercando di identificare i fattori responsabili per questa crescita della popolazione, i ricercatori hanno concluso che la ragione principale è stata l’aumento della fecondità, seguito dalla migrazione interna.
Povertà, miseria, basso livello educativo, mancanza di informazione ed alto tasso di natalità sono alcuni dei fattori che aiutano a capire il contesto socio-famigliare brasiliano e l’istituto dell’adozione.
2. Famiglia e adozione. La coesistenza di questi forti contrasti – pochissimi ricchi che convivono con milioni di poveri o miserabili – mi ha sempre accompagnato e scioccato, generando una profonda indignazione nel corso della mia carriera di Procuratore. E’ stato nel quotidiano della mia attività professionale, nel contatto con le parti del processo che mi cercavano oppure nell’attuazione istituzionale, che ho costatato il fatto che migliaia di genitori perdevano i loro figli soltanto a causa della mancanza di risorse materiali; questi venivano indirizzati a orfanotrofi o famiglie supplenti, senza una ricerca più approfondita sulle reali condizioni famigliari, emozionali o affettive.
Dinanzi a questo quadro che poco a poco suscitava l’esigenza di cambiamenti nella legislazione, l’Assemblea Nazionale Costituente ha sollecitato il mio contributo per la redazione del capitolo riguardante la famiglia, il bambino e l’adolescente; è così nato un piccolo gruppo, di cui ero il responsabile, che ha elaborato il testo approvato alla fine dal Presidente della Repubblica, che consacra fra l’altro il diritto alla convivenza famigliare[3].
Data la necessità di revisione della legislazione infra-costituzionale e per il mio lavoro precedente, sono stato invitato dal Ministero di Giustizia a proporre dei cambiamenti legislativi; questo lavoro ha provocato una sorprendente mobilitazione nazionale, posteriormente identificata dal relatore del progetto di legge presentato al Senato Federale come una inedita raffica civica. La mia partecipazione personale e quella del gruppo da me guidato nell’elaborazione del testo della legge[4] siano state ampie e avvolgenti, prevedendo innumerevoli istituti giuridici[5] e nuove modalità di intervento[6], ma per il momento ci interessa il tema famiglia e adozione. La convivenza con la povertà e l’ingiustizia che prima provocava e giustificava la perdita del autorità parentale, ci ha offerto l’opportunità di inserire espressamente nella legge la determinazione che “la mancanza o inesistenza di risorse materiali non costituisce motivo sufficiente per la perdita o sospensione della patria potestà”, e, non esistendo altro motivo oltre la povertà, il bambino sarà tenuto dalla sua famiglia di origine, che verrà inclusa nei programmi ufficiali di sostegno. La necessità di tale previsione legislativa è stata posteriormente confermata dalla giurisprudenza dei nostri tribunali, che hanno evidenziato ripetutamente che “la regola ha lo scopo di proteggere i genitori poveri ma diligenti nella cura dei figli. Ha come obbiettivo sostenere quelli che lottano con difficoltà spesso estreme, ma che non desistono dal tenere presso di sé i figli. Tutela l’interesse dei poveri nel custodire la prole, quando questo interesse viene manifestato dall’anticonformismo di chi non si accomoda, di chi non si sottrae ai tentativi di proporre una vita più degna ai figli, di chi accetta gli orientamenti e le opportunità che devono necessariamente venire offerte dagli organi di assistenza sociale.”[7]
3. Adozione internazionale e programmi sociali. C’è stata un’epoca nel nostro Paese in cui l’adozione internazionale purtroppo si confondeva con il traffico di bambini, coinvolgendo persone, entità e perfino autorità, e generando un’atmosfera di speculazione, insicurezza, incertezza, sfiducia e, non raramente, coinvolgimento criminale. Nonostante il mio intervento personale e quello del gruppo da me orientato abbia fissato nella legge delle regole precise e rigorose riguardo l’adozione di bambini brasiliani da parte di coppie non residenti nel territorio nazionale, ho sempre alimentato il desiderio che i paesi coinvolti eliminassero le loro frontiere e promovessero la fraternità tra famiglie e popoli. In questo senso, senza dimenticare le cure e l’attenzione meritate dall’adozione internazionale anche nel periodo post-adozione, ancora nell’anno 1995 ho rappresentato il Governo dello Stato di San Paolo in un processo di solidarietà a distanza tra la Prefettura della città di Milano e la Segreteria di Assistenza e Sviluppo Sociale dello stesso Stato, con lo scopo di sostenere economicamente e accompagnare genitori e figli nel loro sviluppo ed emancipazione sociale. Dal 2002 rappresento in Brasile l’ONG italiana Azionei per un Mondo Unito – AMU, che ha come scopo la promozione di programmi di cooperazione internazionale nei paesi emergenti con spirito di solidarietà e puntando alla fraternità universale, compresa l’adozione di bambini brasiliani da parte di coppie italiane e l’impianto di 17 progetti sociali installati in 11 Stati del nostro paese.
Quello che possiamo costatare è che in Brasile le adozioni si stanno riducendo intorno al 19%, secondo i dati dei Tribunali di Giustizia e dei Tribunali dei Minorenni. Un esempio è uno degli orfanotrofi della capitale di San Paolo che sette anni fa accoglieva 400 bambini, mentre nel 2004 ne aveva 240, dei quali soltanto in 6 disponibili per l’adozione[8]. Lo stesso si può dire riguardo l’adozione internazionale, il cui numero è in crollo, tanto che a San Paolo, che raggiunge il 47% delle adozioni internazionali, mentre nel 1994 c’erano stati 410 casi, nel 2003 soltanto 210. Tra le cause di questa diminuzione c’è l’aumento della rete pubblica di assistenza e protezione alla famiglia biologica e, certamente, i programmi sociali di sostegno a famiglie, bambini e adolescenti.
4. Alternative all’adozione. Studi e ricerche recenti, realizzati in orfanotrofi che accolgono bambini nel nostro Paese, confermano e attualizzano i dati precedenti, dimostrando che “in più di 80% dei casi, questi bambini hanno famiglia, ma a causa della povertà, della violenza domestica o della dipendenza da droghe dei genitori, vengono privati della convivenza famigliare”[9]. Queste statistiche mi hanno stimolato a trasformare in esperienze e progetti sociali un capitolo che io stesso ed il gruppo che ho guidato avevamo inserito nella legislazione, riguardo l’istituto giuridico dell’affidamento che presuppone “la prestazione di assistenza materiale, morale e educativa al bambino e all’adolescente”[10] senza che ci sia la perdita dell’autorità parentale. In questo modo, assieme ad un’ONG, abbiamo sviluppato un programma di affidamento in due municipi demograficamente diversi[11], come alternativa al processo di istituzionalizzazione finché le rispettive famiglie non si fossero risistemate e potessero accogliere i bambini. Così accompagniamo e stimoliamo il progetto promosso della Regione Piemonte – Italia e il municipio di San Paolo “con l’obiettivo di sviluppare delle attività di diffusione di una nuova cultura di accoglienza e di protezione integrale all’infanzia in situazione di rischio personale o sociale, proporzionando sostegno alle famiglie di origine e promovendo la guardia famigliare”.[12]
5. Conclusione. Pur essendo evidente che l’impegno maggiore va rivolto a trovare soluzioni perché i bambini possano restare nelle loro famiglie e nel loro Paese, l’esperienza quotidiana ha dimostrato che l’adozione non è un atto di generosità o compassione, e tanto meno di emozione o sentimentalismo, ma la manifestazione giuridica di un vincolo forte quanto la vita stessa. Da qui l’equiparazione alla filiazione biologica e alle sue decorrenze affettive, personali, famigliari, patrimoniali e di successione. Ricevo frequentemente delle lettere di coppie che hanno adottato bambini: sono dei veri documenti che rinforzano ancor più il mio impegno. Mi piacerebbe perciò chiudere questa esposizione riportandovi un breve stralcio di una lettera che ho ricevuto: “Renato ha ormai otto mesi, con i suoi primi dentini che spuntano, abbiamo già il certificato di nascita definitivo e ci stiamo muovendo nel senso di adottare un fratellino o una sorellina per fargli compagnia… Io e suo padre ci alterniamo nelle cure, vivendo e assistendo a questo spettacolo che Dio ci presenta attraverso di lui, ricordandoci della preziosità della vita umana… Con una mano lo tengo stretto al petto e lo ammiro, con l’altra mano scrivo. Faccio così per non lasciar passare la magia di quest’ora in sé eterna e intima.”
[1] Secondo il sito www.ipeadata.gov.br (Istituto di Ricerca Economica Applicata – IPEA), 2002.
[2] Secondo l’Istituto Brasiliano di Geografia e Statistica (IBGE), 2004.
[3] Costituzione Federale del 1988, articolo 227°.
[4] Statuto del Bambino e dell’Adolescente, Legge Federale n°8.069, del 13 luglio 1990.
[5] Tra i quali dobbiamo menzionare l’azione civile pubblica per la protezione giudiziale degli interessi individuali, diffusi e collettivi.
[6] Tra altre i Consigli di Diritti per l’elaborazione delle politiche pubbliche, i Consigli Tutelari incaricati di assicurarsi del compimento dei diritti infantili e giovanili, misure socio-educative per gli adolescenti che commettono delle infrazioni, istituto di remissione, ecc.
[7] Tribunale di Giustizia di San Paolo, appelli n° 22.894-0/0 e 26.091-0/4.
[8] Foglio di San Paolo, quaderno Quotidiano, edizione del 27 marzo 2004.
[9] Secondo dati dell’Istituto di Ricerca Economica Applicata (IPEA), nella relazione pubblicata ad aprile 2005.
[10] Statuto del Bambino e dell’Adolescente, articolo 33°.
[11] Municipi di Lorena e S. José dos Campos, nella Valle del Paraíba, Stato di San Paolo.
[12] Convenzione celebrata tra la A.R.A.I – Regione Piemonte – Italia, con sede a Torino, e la Segreteria Municipale di Assistenza Sociale della Prefettura del Municipio di San Paolo, il 6 settembre 2004.